Torno in questo angolo di me abbandonato per inattività, ma non certo per mancanza di sollecitazioni esterne, che non riesco però a tradurre in pensiero scritto e ragionato. La dea ispirazione non bussa alla mia porta da un po', forse perché la sorellastra apatia si è impossessata del divano e mi ha nascosto la penna, in favore del telecomando (parte di un tutto di cui forse spiegherò in seguito).
Ma stanotte, complice un ermetismo letterario, evoluzione inversa di vecchi fasti di parossistico prolissismo, butto giù una "poesia". Mi ha ispirato il social network delle Facce censite, che da poco, ha deciso di agevolare la fatica di elaborare frasi proprie suggerendo status emozionali e attività da condividere, con le immancabili emoticons, si intende. Linguaggio smart per pigri, o inclini alla standardizzazione, senza farvene una colpa. Se non altro, il principio dell'uniformità lessicale.
Sto Face-endo (Fb inspiration)
Mi sento pensierosa
sto guardando il soffitto
sto leggendo i segni
sto ascoltando il mio respiro
sto giocando con le ciocche di capelli
in viaggio verso...
Lettolandia.
Cara Tresy... scrivimi
lunedì 17 febbraio 2014
lunedì 11 novembre 2013
“L'ultima ruota del carro”, al Festival del Film di Roma 2013 fa da traino la positività
Recensione:
Dopo la presentazione in anteprima al Festival Internazionale del film di Roma nella categoria Fuori Concorso, "L'ultima ruota del carro" di Giovanni Veronesi uscirà nelle sale il 14 novembre.
L'Italia è (o almeno era) una Repubblica fondata sulla famiglia. “L'ultima ruota del carro” di Giovanni Veronesi, presentato Fuori Concorso all'ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, vuole raccontare questa istituzione di cui se ne sottovaluta il valore, attraverso la figura rappresentativa di Ernesto Marchetti. A interpretarlo c'è Elio Germano, che conferma la sua bravura e maturità attoriale, all'altezza di un ruolo che va evolvendosi nel tempo. Il regista toscano, tornato al cinema dopo “Manuale d'amore 3”, ci regala una commedia all'italiana dal sapore nostalgico, insieme ilare e commovente nella sue intenzioni autentiche. Buona parte della sceneggiatura è ricavata dalla storia vera di quest' uomo in apparenza comune, all'anagrafe Ernesto Fioretti,suo autista di produzione (il quale fa una piccola comparsa come sacrestano).
In una Roma popolare degli anni Sessanta, il giovane Ernesto si lega per la vita, e soprattutto per amore, ad Angela, la ragazza della porta accanto Alessandra Mastronardi, esempio di moglie come non ne esistono quasi più, nonostante abbia il brutto vizio di buttare tutto quello che le capiti sotto tiro per fare ordine.
Mentre viene scandito il vissuto quotidiano di questo nucleo familiare allargato, fatto di nonni, zii, amici, riuniti durante le vacanze al mare o nei compleanni, con l'onnipresente collante calcio, giocato e seguito da tifosi ( bisogna recitare la “Bibbia” della formazione della Roma prima di soffiare sulle candeline), si ripercorrono alcuni significativi avvenimenti storici, tra cui l'assassinio di Aldo Moro nel 1978 da parte delle Brigate Rosse, la vittoria dell'Italia ai mondiali del 1982, il progredire della tecnologia con l'avvento del computer e il regredire della società civile, lo scandalo Tangentopoli di inizio anni Novanta, l'ingresso in politica di Silvio Berlusconi nel 1994 con Forza Italia e l'odierna crisi.
Ernesto, che nella scala sociale si colloca in basso come un“uomo di fatica”, cambia svariati lavori e porta avanti la sua piccola ditta di traslochi, invece di scegliere la via facile per il proprio utile. Una volta c'aveva provato con una raccomandazione ottenuta dallo zio ammanicato in conoscenze (Cesare Battista), ma si era tirato indietro, a differenza di quanto fa il migliore amico Giacinto, Ricky Menphis – altro amato volto della romanità – il quale va orientandosi in base a dove finisca il potere, ora di questo o quell'altro partito - qui rappresentato dal manager corrotto Sergio Rubini e dalla segretaria complice Virginia Raffaele - e con esso il traffico di soldi, spesso sporchi.
Poco furbo? No, soltanto onesto il nostro protagonista, la cui rima, si presta a ben altra battuta goliardica del film, con la quale il Maestro (un Alessandro Haber, tagliato per la parte che non si discosta da quelle interpretate in passato), stravagante pittore di fama, lo accoglie quando deve caricare una tela sul furgone, indirizzata a qualche riccone, interessato solo alla firma e non all'essenza dell'opera. Invece il Maestro ha visto lungo sull'essenza di Ernesto, che i contraccolpi della vita li porta tutti sulla schiena. La sua forza sta nel saper riderci su anche quando il destino si prende ripetutamente beffa di lui, fino alla fine. E andare avanti.
Giovanni Veronesi, che sfrutta la valenza istruttiva del cinema, lancia un messaggio di speranza, non si tratta di mero sentimentalismo. È su uomini volenterosi come Ernesto, non ultima ruota del carro ma vero e proprio motore di un ingranaggio sano, che il nostro Paese deve tornare a puntare.
GENERE: Commedia
REGIA: Giovanni Veronesi
SCENEGGIATURA: Giovanni Veronesi, Ugo Chiti, Filippo Bologna, Ernesto Fioretti
ATTORI:Elio Germano, Alessandra Mastronardi, Ricky Memphis, Sergio Rubini, Virginia Raffaele, Alessandro Haber, Francesca Antonelli, Maurizio Battista, Francesca D'Aloja,Luis Molteni, Dalila Di Lazzaro, Ubaldo Pantani, Massimo Wertmüller, Elena Di Cioccio
FOTOGRAFIA: Fabio Cianchetti
MONTAGGIO: Patrizio Marone
PRODUZIONE: Fandango, Warner Bros. Italia
DISTRIBUZIONE: Warner Bros Pictures Italia
PAESE: Italia 2013
DURATA: 113 Min
FORMATO: Colore
venerdì 25 ottobre 2013
"Musica X", il valore aggiunto dei Perturbazione
Per la serie "Nella mia audioteca non può mancare":
“Musica X” è Il settimo disco in studio dei Perturbazione, la band di Rivoli che, dal 1988, resiste alle correnti passeggere del panorama indipendente italiano, riconfermando la propria compattezza, pur stando al passo con i tempi. In vendita dal 6 maggio, in allegato al mensile XL di Repubblica, l'attesa è stata alimentata, giorno dopo giorno, sulla loro pagina personale di Facebook attraverso il lancio di video delle fasi di lavorazione, foto e tweet numerati, indicativi di ciascun brano. Sono dieci i pezzi ( un numero nettamente inferiore rispetto al doppio album “Del nostro tempo rubato”, datato 2010) che Tommaso Cerasuolo, Gigi Giancursi, Elena Diana, Alex Baracco, Cristiano e Rossano Lo Mele hanno realizzato con il contributo di altri artisti, tra cui Luca Carboni, Erica Mou e I cani, come accadde già per i duetti de “Le città viste dal basso”.
Questa volta i Perturbazione hanno chiesto a Max Casacci, fondatore dei Subsonica, di fare da produttore, per aiutarli nelle scelte stilistiche e rinnovarsi nel nome delle sperimentazioni sonore, ossia di quelle incognite inesplorate del fare musica. Il suo intervento si avverte eccome ma senza snaturare il loro marchio autoriale. Il pop orecchiabile e leggero si è arricchito di elementi elettronici non abituali (che, in effetti, tolgono un po' di spazio al violoncello di Elena, passata alle tastiere) legati, invece, ai familiari giochi di parole dei testi poetici e ironici da cui emergono, senza peli sulla lingua, i temi cari sull'individuo e sulla società in cui relazionarsi.
Se dentro “In circolo”, “Canzoni allo specchio” o “Pianissimo Fortissimo” il lato armonioso, romantico e nostalgico prendeva il sopravvento, “Musica X” indaga soprattutto il rapporto di coppia negli aspetti più spigolosi, realistici e concreti, compreso il sesso. A ruota libera parte “Chiticapisce”, poi “La vita davanti”, “Musica X”, “Diversi dal resto”,"Mia figlia infinita", "I baci vietati", “Monogamia”, “Ossexione”, “Questa è Sparta”. Infine “Legàmi” suggella con un nodo sul petto un disco che si divora in poco più di mezz'ora e applica le visioni epiche di guerra e pace, nel modello a due e interiormente, alla contemporaneità.Ad ogni modo la speranza disincantata, o cosiddetta “legerezza pensosa” calviniana, della tradizione musicale “perturbata” si ritrova nel secondo brano “La vita davanti”: “Quando hai tutta la vita davanti credi ancora nelle verità, nelle mezze bugie dei cantanti”, canta Tommaso. Non è difficile credere che i Perturbazione abbiano ancora tutta una carriera avanti a sé per reinventarsi e dimostrare di avere i numeri giusti per scalare le classifiche.
giovedì 24 ottobre 2013
“Before Midnight”, l'amore non si distrugge, si trasforma
Il 31 ottobre arriva nelle sale “Before Midnight”, terzo episodio della saga romantica diretta da Richard Linklater, che ha conosciuto la luce nel 1995 con “Prima dell'alba”, a cui è seguito “Before Sunset - Prima del tramonto” nel 2004.
Ritroviamo gli stessi protagonisti Ethan Hawke e Julie Delpy (anche sceneggiatori), rispettivamente Jesse e Cecile, dopo l'incontro fatale su un treno per Vienna e dieci anni più tardi a Parigi. Ora
si fa il punto sull'evoluzione della coppia, calata in una fase matura: a 41 anni, nei panni di genitori alle prese con i figli, le responsabilità e i sensi di colpa, connessi al desiderio di affermazione individuale, sommato alle divergenze caratteriali. Difficile, con questi presupposti, mantenere viva la fiamma della passione. La macchina da presa li segue in un arco cronologico di 24 ore simboliche, durante una vacanza estiva in Grecia, affascinante terra di bellezze naturali e rovine senza tempo. Nello scenario del Peloponneso, da cui trasudano mitologia, eros e tragedia classica, si consuma il melò contemporaneo e la raffinata commedia. Lo scrittore americano e la musa francese ispiratrice dei suoi romanzi, in una stanza d'albergo, gentilmente offerta da una coppia di amici del posto per regalare loro un momento di intimità, fanno esplodere la bomba a orologeria del “non detto”.
“Before Midnight” è un film narrativo di primi piani e dialoghi serrati – che rievocano le pellicole del maestro Éric Rohmer, ad esempio il "Il raggio verde" - basati su una tagliente ironia rimpallata, ma anche su riflessioni profonde come l'idea di transitorietà dell'esistenza. Nello scontro tra sessi, la rappresentante femminile Cecile, fiera donna in carriera, mamma sfinita per la restante parte ma ancora piacente, sfodera l'arma dei test a trabocchetto, volendo mettere alla prova l'amore di Jesse e soprattutto i suoi nervi. Dall'altro lato, lui, da bravo inventore di storie, non esente da colpe, sa rispondere con l'abilità oratoria e l'affabulazione delle parole, facendola franca in modo convincente. E il potere attrattivo dei corpi alla fine bilancia l'equazione del rapporto.
Alimentando questo moto rotatorio di sentimenti uguali e contrari, costruito su un asse di sottili equilibri, prima che cali una mezzanotte più lunga e buia, forse Cecile e Jesse vedranno ancora sorgere il Sole insieme. Come tante altre metà congiunte nello stesso cielo.
CONSIGLIATISSIMO.
domenica 30 giugno 2013
Nella mia videoteca non può mancare: "Jules e Jim" di François Truffaut
Seduta sul divano immaginario, primo elemento d'arredo di questo spazio, magari posizionato davanti a una smart tv di ultimissima generazione, che cerca di tendere alla perfezione dello schermo cinematografico per dimensioni ed effetti speciali come l'opzionabile 3D, ma in risposta ai tuoi comandi vocali non è in grado di impostare una conversazione - a quello, per fortuna, ci pensa ancora l'interlocutore invitato a casa tua (tranne se noioso e allora è meglio che stia in silenzio e domini il sottofondo indistinto di un programma a caso) - decido di consigliare il mio primo film del cuore, una vecchia, sempreverde pellicola in bianco e nero: Jules e Jim, uno
struggente canto di libertà e anticonformismo.
Il
genere sentimentale è tra i più frequentati al cinema, l'arte che
ama e imita la vita. Nello sconfinato campionario di storie c'è una
non qualunque nella sua singolarità, che si è affermata come
l'anti-modello del rapporto di coppia convenzionalmente costituito da
un uomo e una donna, attratti fisicamente e spiritualmente l'uno dall'altra e quanto
più fedeli alla loro unione nel tempo. Ecco, invece, la storia fuori dagli
schemi di un rapporto amoroso: Jules e Jim, uno dei mènage
à trois piu celebri proiettati, fino ad oggi, sul grande
schermo. Si tratta di una vicenda realmente accaduta nella Parigi
degli anni Venti che il cineasta francese François Truffaut trasformò
in una pellicola del 1962.
Allora la rivoluzionaria corrente della Nouvelle
Vague stava gettando le sue basi teoriche ma vi erano fin troppi tabù da sfatare per poter riscuotere un'approvazione che non
prevedesse almeno una reazione di disappunto tra i benpensanti (con
chissà quali scheletri, per meglio dire, amanti nei propri armadi).
Seppure osteggiato da una prima censura, Jules e Jim, ossia
l' adattamento dell'omonimo
romanzo autobiografico firmato nel 1953 dallo scrittore francese Henri Pierre
Roché, non potè non diventare un vero e proprio
film di culto della cinematografia d'autore. Quest'opera letteraria,
rimasta nell'ombra dalla sua pubblicazione, fu scoperta in una
libreria parigina e portata al successo dal giovane Truffaut, già critico
cinematografico attivo nei Chaiers du Cinema, alle prime armi
con la macchina da presa (aveva appena girato il suo primo
lungometraggio I Quattrocento Colpi). Rochè descrive in forma diaristica, prima nei suoi Taccuini privati e dopo, sotto le mentite spoglie del romanzo, la sua
relazione burrascosa con la moglie del suo migliore amico Franz
Hessel, anch'egli scrittore, ebreo di origini tedesche, giunto nella
Parigi della Belle Epoque, patria elettiva degli intellettuali e
artisti stranieri. La donna contesa si chiama Catherine, dietro cui
si cela la pittrice tedesca Helen Grund, interpretata da Jeanne
Moreau, unica attrice famosa del cast, fortemente voluta dal regista
per una parte che le si sarebbe cucita perfettamente addosso grazie a
una carica espressiva inconfondibile. I personaggi maschili sono
Oskar Werner e Henri Serre, semi-sconosciuti e immuni dal fenomeno
del divismo, come voleva la politica della Nouvelle Vague.
Jules
e Jim incarnano due bohemiennes dediti ai piaceri della vita mondana
che condividono tutto, passioni, interessi, libri, fino a innamorarsi
della stessa donna. Quest'ultima è l'antesignana di ciò che sarà il
femminismo, un'eroina spregiudicata e libera. A sua volta amerà entrambi,
ciascuno a suo modo: sarà attratta da Jim, ma conserverà una
tenerezza per Jules, senza badare alla severa morale religiosa o
borghese, che li avrebbe bollati come libertini dissoluti. Jules,
privo di gelosia, acconsente all'adulterio e non nutre alcuna
rivendicazione di possesso verso sua moglie. Non può gareggiare con
l'amante Jim, semplicemente perché prova una forma di amore amicale
di pari intensità. Tutto sembra procedere secondo una calma
apparente nello chalet di montagna dove hanno ritagliato il loro
angolo di mondo, solo la guerra riesce a dissolvere materialmente il
trio. A conflitto finito, ritrovatisi di nuovo, ci penserà il
continuo tumulto interiore di un'instabile e insoddisfatta Catherine
a mettere la parola fine, almeno nella finzione filmica. Catherine, al
volante della sua auto, si getterà nel fiume, non prima di aver
fatto salire a bordo Jim. L'eroina femminile metterà in atto il suo
ultimo azzardato colpo di scena, in una perenne sfida con la morte,
sotto gli occhi di un attonito e impotente Jules, nella famosa
sequenza che ritrae lo sguardo in soggettiva dela donna, placido e
imperturbabile, nello specchietto retrovisore. Poiché Truffaut e il
suo collaboratore Jean Gruault volevano rimanere quanto più fedeli
alla storia, in memoria di Roché, che avrebbe dovuto scrivere la
sceneggiatura ma morì prima dell'inizio delle riprese, vi è un
ricorrente utilizzo del commento, così la voce fuori campo legge
interi passaggi tratti dal romanzo, sovrapponendosi alle immagini.
Lente dissolvenze, numerosi fermo immagine e una magistrale colonna
sonora, di cui "Le tourbillon de la vie" cantata da Jeanne Moreau è il concentrato emotivo in musica, contribuiscono a rendere la pellicola impalpabile e intensa al contempo.
Jules
e Jim, per ammissione dello stesso Truffaut, non è una storia
amorale ma mostra, piuttosto, la morale alternativa dei tre
protagonisti, finché anche questa non diviene insufficiente, proprio come in una normale
dinamica di coppia. Nonostante
possa sembrare desueta rispetto ai costumi odierni,
continua
a stupire e affascinare gli spettatori per la purezza con cui tratta
un tema scabroso, di passione autentica, che rasenta il paradosso ma si
imprime poeticamente nelle coscienze di chi ha intelletto d'Amore.
sabato 29 giugno 2013
L'importante è partecipare...Che non lo apri un blog?
Fino a poco tempo fa mi bastava la "mole di pensieri molesti sulla mia Moleskine", buttati giù qua e là a penna, senza una periodicità rilevabile da statistiche, grafici o per cui fosse necessario il disclaimer che "non rappresentano una testata giornalistica", semplicemente frutto dei miei "flussi e cicli" umorali, in relazione all'andamento delle correnti atmosferiche, geomorfiche, antropologiche o trascendentali circostanti.
Tuttavia, sebbene l'era della "blogalizzazione" esista da un po', mi sento chiamata a emanciparmi anche io, che mi ritengo una cittadina della rete, regolarmente censita sui principali social network (nonostante per la maggior parte di questi sia un'utente inattiva forse dalla mia data di registrazione, salvo Facebook dove sono a un passo dall'essere radiata per mancanza di interazione, tranne per qualche augurio di compleanno o commento in bacheca) e moderatamente alfabetizzata, con velleità scribacchine più o meno dichiarate. In verità, sono stata una sproloquiatrice acerba già in età adolescenziale, quando circolavano i "Windows Live Spaces" associati al contatto messenger e in quel caso era come abbozzare una sorta di diario personale senza lucchetto e filtri, affidando le mie tragicomiche giornate post-scolastiche al ludibrio altrui, ossia dei miei amici di chat che potevano averne accesso (e in tutta franchezza credo se ne guardassero bene dall'andarci.) Nato e tramontato anche prima del diploma, dubito ne sia rimasta traccia sul mio hard disk, nonostante i vari solleciti via email della Microsoft che mi suggeriva di salvare il salvabile prima che procedesse all'estinzione naturale. Poca roba, ad ogni modo. Questo esperimento altrettanto modesto, al quale non garantisco aspettative di vita maggiori per la mia mancanza genetica di costanza nel portare avanti qualsiasi cosa il mio cervello non percepisca come obbligo morale e civile, vuole essere un'evoluzione pubblica, più discreta per quanto riguarda le mie questioni prettamente private, incentrata sulle osservazioni da libera pensatrice che vive la sua fetta di globo e coltiva diversi interessi, tra cui cinema, musica, teatro, fotografia, moda, cucina, lifestyle e frivolezze squisitamente femminili, eventualmente oggetto di discussione. Magari non soltanto tra me e me. O forse tra me e la tastiera. In bella copia, però, evitando quegli scarabocchi che rendono indecifrabile la mia stessa rilettura.
Sarà una casa virtuale, ospitata su questa piattaforma gentilmente messa a disposizione gratis da Google, in cui traslocare i miei appunti, le mie considerazioni e recensioni, mentre le sollecitazioni dall'esterno cominciano a farmi visita e per il momento posso farle accomodare su un "divano spartano" per fare due chiacchiere, avendo tutto ancora da arredare.
Benvenuti/e.
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