Domenica 21 settembre 2014. Passeggio per caso su via Appia e vedo una calca folle alla Coin di San Giovanni, non per una maxisvendita. Analizzando al primo sguardo l'estrazione anagrafica: adolescenti scalpitanti, spesso con genitori martiri al seguito. "Perché siete qui?"..."Ehm..per attori". Ricevo una vaga e nervosa risposta da un gruppetto in posizione strategica sedute in via Sannio.
"Sei una di troppo, devono tenerti lontana. Comunque arrivi in ritardo per tutto", mi dice più avanti una mamma sfiancata da un'attesa di ore (grazie per avermi dato implicitamente della teen), che mi ilumina su ciò che sta accadendo, anche se sentivo puzza del fenomeno "The Huger Games", a cui ho assistito durante lo scorso Festival Internazionale del Film di Roma. "Noi genitori meritiamo un premio", aggiunge. Non la biasimo. Poi un urlo, uno dei tanti falsi allarmi, e la corsa in massa. Il presidio sanitario è allertato per mancamenti e crisi di pianto varie ed eventuali.
Le ragazzine hanno sgomitato alla conquista del numero per partecipare al meet&greet del film #Posh (che ha generato su Twitter il top hashtag #PoshcastinItaly) con gli attori del cast Sam Claflin, Douglas Booth e Max Irons. "Li vuoi vedere?" Una di loro ben più cordiale mi mostra esaltata le foto dei bonazzi in questione, stampate su un foglio A4 sgualcito ma conservato nella plastichina trasparente, nella speranza di strappare un autografo o una foto insieme ai loro idoli. Non prima di strapparsi brandelli di vestiti e capelli quando appariranno sfavillanti tra un Dior Homme e uno Svarowski. Non vorrei essere uno dei loro genitori quando dovranno consolarle perché non potranno portarli a casa.
Cara Tresy... scrivimi
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domenica 21 settembre 2014
Credevo in una maxisvendita alla Coin
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mercoledì 23 aprile 2014
Tracks – Attraverso il deserto, un viaggio alla ricerca di sè
Dal sito:La Nouvelle Vague
Uscirà nelle sale il prossimo 29 aprile Tracks, il nuovo film del regista statunitense John Curran, presentato in concorso alla 70esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Racconta la storia vera di Robyn Davidson, una ragazza australiana, interpretata daMia Wasikowska, che nel 1977 attraversò a piedi 2700 km di deserto australiano, da Alice Spring all’Oceano Indiano, in compagnia del suo cane nero e dei suoi quattro cammelli. Tratta dall’omonimo bestseller autobiografico, assistiamo alla riproduzione di un’impresa estrema, di ostinata alienazione dall’umanità. È un sfida dei propri limiti che, se in partenza sembra pretestuosa e folle, trova il suo senso rotta dopo rotta, tracciata dalla protagonista su una cartina di “luoghi dell’anima”, in cui sono nascosti pericoli, luci e ombre, miraggi abbaglianti e dolorosi ricordi insabbiati.
Questo impervio viaggio verso l’ignoto, nella sconfinata distesa di dune e terra arida, sia suggestiva che angosciante, mai uguale da punto a punto (e per perdere la bussola basta davvero un soffio), è stato reso da Curran quanto più fedele alle foto originali pubblicate dal National Geographic, che all’epoca finanziò l’avventura della “Signora dei cammelli”. Robyn, da accordi e contro il suo voto di solitudine (salvo qualche raro incontro con vecchie popolazioni aborigene o turisti curiosi), concedeva di essere scortata solo in alcune tappe dal fotografo Rick Smolan (Adam Driver), per documentare l’avanzata divenuta fenomeno mediatico.
Mia Wasikowska dà prova di bravura e grande resistenza fisica, entrando perfettamente in questa seconda pelle arsa dai raggi infuocati, grondante di gocce di sudore, con i piedi induriti dal lungo cammino, dandoci la misura di quanto siano preziosi i sorsi d’acqua centellinata e la dimensione del silenzio, che spaventa ma mette in contatto con la voce interiore del proprio io. Ogni tanto, la colonna sonora proveniente da un mangianastri è l’epifania che spezza il sottofondo naturale e attiva i flashback della memoria.
Tracks prende a modello Robyn Davidson come uno spirito selvatico che non vuole lasciarsi ammaestrare dalla società codificata, il suo è un ritorno al bisogno di sopravvivenza ed esplorazione degli uomini primitivi.
Nel 1977 poteva sembrare ancora concepibile non essere aggiornati e non aggiornare in tempo reale su ciò che succedeva attorno. Almeno per la durata del film, anche noi saremo isolati dai nostri dispositivi elettronici che annullano sì le distanze della comunicazione globale ma ci hanno resi schiavi di viziosi automatismi. E magari proveremo un po’ di quella stessa sete.
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domenica 30 giugno 2013
Nella mia videoteca non può mancare: "Jules e Jim" di François Truffaut
Seduta sul divano immaginario, primo elemento d'arredo di questo spazio, magari posizionato davanti a una smart tv di ultimissima generazione, che cerca di tendere alla perfezione dello schermo cinematografico per dimensioni ed effetti speciali come l'opzionabile 3D, ma in risposta ai tuoi comandi vocali non è in grado di impostare una conversazione - a quello, per fortuna, ci pensa ancora l'interlocutore invitato a casa tua (tranne se noioso e allora è meglio che stia in silenzio e domini il sottofondo indistinto di un programma a caso) - decido di consigliare il mio primo film del cuore, una vecchia, sempreverde pellicola in bianco e nero: Jules e Jim, uno
struggente canto di libertà e anticonformismo.
Il
genere sentimentale è tra i più frequentati al cinema, l'arte che
ama e imita la vita. Nello sconfinato campionario di storie c'è una
non qualunque nella sua singolarità, che si è affermata come
l'anti-modello del rapporto di coppia convenzionalmente costituito da
un uomo e una donna, attratti fisicamente e spiritualmente l'uno dall'altra e quanto
più fedeli alla loro unione nel tempo. Ecco, invece, la storia fuori dagli
schemi di un rapporto amoroso: Jules e Jim, uno dei mènage
à trois piu celebri proiettati, fino ad oggi, sul grande
schermo. Si tratta di una vicenda realmente accaduta nella Parigi
degli anni Venti che il cineasta francese François Truffaut trasformò
in una pellicola del 1962.
Allora la rivoluzionaria corrente della Nouvelle
Vague stava gettando le sue basi teoriche ma vi erano fin troppi tabù da sfatare per poter riscuotere un'approvazione che non
prevedesse almeno una reazione di disappunto tra i benpensanti (con
chissà quali scheletri, per meglio dire, amanti nei propri armadi).
Seppure osteggiato da una prima censura, Jules e Jim, ossia
l' adattamento dell'omonimo
romanzo autobiografico firmato nel 1953 dallo scrittore francese Henri Pierre
Roché, non potè non diventare un vero e proprio
film di culto della cinematografia d'autore. Quest'opera letteraria,
rimasta nell'ombra dalla sua pubblicazione, fu scoperta in una
libreria parigina e portata al successo dal giovane Truffaut, già critico
cinematografico attivo nei Chaiers du Cinema, alle prime armi
con la macchina da presa (aveva appena girato il suo primo
lungometraggio I Quattrocento Colpi). Rochè descrive in forma diaristica, prima nei suoi Taccuini privati e dopo, sotto le mentite spoglie del romanzo, la sua
relazione burrascosa con la moglie del suo migliore amico Franz
Hessel, anch'egli scrittore, ebreo di origini tedesche, giunto nella
Parigi della Belle Epoque, patria elettiva degli intellettuali e
artisti stranieri. La donna contesa si chiama Catherine, dietro cui
si cela la pittrice tedesca Helen Grund, interpretata da Jeanne
Moreau, unica attrice famosa del cast, fortemente voluta dal regista
per una parte che le si sarebbe cucita perfettamente addosso grazie a
una carica espressiva inconfondibile. I personaggi maschili sono
Oskar Werner e Henri Serre, semi-sconosciuti e immuni dal fenomeno
del divismo, come voleva la politica della Nouvelle Vague.
Jules
e Jim incarnano due bohemiennes dediti ai piaceri della vita mondana
che condividono tutto, passioni, interessi, libri, fino a innamorarsi
della stessa donna. Quest'ultima è l'antesignana di ciò che sarà il
femminismo, un'eroina spregiudicata e libera. A sua volta amerà entrambi,
ciascuno a suo modo: sarà attratta da Jim, ma conserverà una
tenerezza per Jules, senza badare alla severa morale religiosa o
borghese, che li avrebbe bollati come libertini dissoluti. Jules,
privo di gelosia, acconsente all'adulterio e non nutre alcuna
rivendicazione di possesso verso sua moglie. Non può gareggiare con
l'amante Jim, semplicemente perché prova una forma di amore amicale
di pari intensità. Tutto sembra procedere secondo una calma
apparente nello chalet di montagna dove hanno ritagliato il loro
angolo di mondo, solo la guerra riesce a dissolvere materialmente il
trio. A conflitto finito, ritrovatisi di nuovo, ci penserà il
continuo tumulto interiore di un'instabile e insoddisfatta Catherine
a mettere la parola fine, almeno nella finzione filmica. Catherine, al
volante della sua auto, si getterà nel fiume, non prima di aver
fatto salire a bordo Jim. L'eroina femminile metterà in atto il suo
ultimo azzardato colpo di scena, in una perenne sfida con la morte,
sotto gli occhi di un attonito e impotente Jules, nella famosa
sequenza che ritrae lo sguardo in soggettiva dela donna, placido e
imperturbabile, nello specchietto retrovisore. Poiché Truffaut e il
suo collaboratore Jean Gruault volevano rimanere quanto più fedeli
alla storia, in memoria di Roché, che avrebbe dovuto scrivere la
sceneggiatura ma morì prima dell'inizio delle riprese, vi è un
ricorrente utilizzo del commento, così la voce fuori campo legge
interi passaggi tratti dal romanzo, sovrapponendosi alle immagini.
Lente dissolvenze, numerosi fermo immagine e una magistrale colonna
sonora, di cui "Le tourbillon de la vie" cantata da Jeanne Moreau è il concentrato emotivo in musica, contribuiscono a rendere la pellicola impalpabile e intensa al contempo.
Jules
e Jim, per ammissione dello stesso Truffaut, non è una storia
amorale ma mostra, piuttosto, la morale alternativa dei tre
protagonisti, finché anche questa non diviene insufficiente, proprio come in una normale
dinamica di coppia. Nonostante
possa sembrare desueta rispetto ai costumi odierni,
continua
a stupire e affascinare gli spettatori per la purezza con cui tratta
un tema scabroso, di passione autentica, che rasenta il paradosso ma si
imprime poeticamente nelle coscienze di chi ha intelletto d'Amore.
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